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Gravidanza, travaglio, parto consapevole

Maternità

“la separazione del bambino dalla madre subito dopo la nascita è l’evento più devastante della vita.
Ci lascia emotivamente e psicologicamente menomati”.
Pearce, 1992.

Gravidanza, travaglio e parto consapevole

Da tempo mi interrogavo sul perché fossi approdata, e soprattutto soffermata in modo quasi esclusivo, sulla tecnica del Rebirthing, senza mai avere una forte e chiara risposta, fino al giorno in cui mi ritrovai a dover scegliere tra due libri: uno di questi era “Lotus Birth: il parto integrale nati con… la placenta”. La scelta non fu proprio consapevole. Infatti acquistai il libro e poi mi chiesi il perché… iniziai a leggerlo e dopo qualche pagina lo abbandonai. Mi suscitava delle emozioni molto forti e non riuscivo ad integrarle e fu più facile scappare. Ma da lì a due mesi una gravidanza, evitata per tutta una vita, arrivò a sconvolgermi l’esistenza e fu il momento in cui capii che il Rebirthing mi aveva preparata ad accettare e ad accogliere questo bimbo, e il Lotus Birth a superare uno dei traumi, evidentemente, più significativi della mia nascita: il taglio del cordone ombelicale. Superati i primi mesi di gravidanza, spesi a accettare completamente questa nuova realtà, capii che era arrivato il momento di mettere in pratica tutto ciò che avevo imparato sulla nascita consapevole e far in modo che non rimanesse solo pura teoria: decisi dunque di occuparmi della mia gravidanza e del modo in cui avrei voluto gestire il parto e il puerperio. Per prima cosa ripresi in mano il libro sul Lotus e, man a mano che andavo avanti, le emozioni non si fecero attendere: desideravo il Lotus per mia figlia, ma i blocchi erano tanti. Il primo era legato a quel pezzo di carne, “la placenta”, pieno di sangue, che avrei dovuto trattare: mi impressionava il fatto che avrebbe avuto un cattivo odore, che mio marito non sarebbe stato d’accordo con questa scelta e così pure i miei parenti; mi preoccupava l’eventuale inadeguatezza dell’ostetrica, scelta per il parto in casa, nel trattare la placenta attaccata al cordone; mi metteva in apprensione il pensiero legato al prendermi cura della bambina che immaginavo già difficile di per sé, figuriamoci con una placenta attaccata; e infine mi chiedevo se veramente non fosse stato pericoloso per la mia bambina, come prospettatomi da un pediatra a cui chiesi parere, aspettare che il cordone cadesse da solo.

Esperienza di maternità

Nel frattempo tutte queste angosce andavano a sommarsi alle paure congenite legate alla gravidanza, al travaglio, al parto, al puerperio e oltre, paure che mi avevano sempre contraddistinta. Infatti era di dominio pubblico tra le mie conoscenze, che io non avrei mai potuto pianificare in modo cosciente una gravidanza. Ritenni pertanto necessario un supporto esterno e qualificato per gestire queste nuove e vecchie emozioni. Mi rivolsi così a un collega Rebirther esperto in gravidanza e, guarda caso, fautore del Lotus Birth, che mi sostenne per tutta la gestazione, aiutandomi a superare ogni blocco che si presentò alla coscienza fino al momento del parto. Mi fu di grande sostegno per integrare le paure legate alla gestione della neonata e della sua placenta, e pian piano si fece sempre più strada in me una nuova forza: ero pronta ad affrontare qualsiasi difficoltà oggettiva, pur di evitare a mia figlia il trauma da taglio del cordone, e darle la possibilità di beneficiare di tutti gli aspetti positivi legati al Lotus. Ciò diventò per me più importante di ogni altra cosa. Per anni ho respirato per integrare il mio scenario di nascita, cambiando la mia vita respiro dopo respiro, ma ora potevo evitare qualche trauma alla mia bambina affinché partisse, nel viaggio della vita, avvantaggiata. Innegabilmente molti traumi non si possono evitare ai propri figli, ma quello del taglio del cordone potevo risparmiarglielo e scongiurare così complicanze respiratorie, sia alla nascita, che in futuro. Inoltre sarebbe stata anche per me una nuova occasione di guarigione, come da tempo mi diceva il mio Rebirther: “Far nascere la tua bambina con il Lotus Birth ti farà integrare il tuo dolore per il taglio del cordone”. Infatti, da sempre, la zona ombelicale per me è stata out, non ho mai potuto toccare il mio ombelico e quando dovevo lavarlo l’ansia, la paura, la nausea e i mancamenti erano sempre in agguato non appena lo sfioravo. Naturalmente sapevo benissimo che avrei potuto integrare questo trauma con il Rebirthing, ma il Lotus ne avrebbe accelerato il processo.

38a settimana di gravidanza

Giunta ormai alla 38a settimana di gravidanza venni, senza mezzi termini, abbandonata dall’ostetrica, che avrebbe dovuto assistermi per il parto in casa. Mi disse che la bambina era troppo alta e che io non avrei mai partorito in modo naturale e che ero troppo “vecchia” per progettare una nascita in casa ecc. ecc. Ben presto mi resi conto che questa sequela di motivazioni avevano come unico denominatore comune la “paura”… probabilmente 4000 parti in casa non erano bastati a farle integrare il suo trauma di nascita e non potei che provare compassione per lei.

Pertanto, delusa e amareggiata, dovetti riprendere in considerazione l’ospedale come luogo per partorire. Superati tutti i blocchi mentali, e rassicurata dal completo sostegno di mio marito nella scelta del Lotus per nostra figlia, si presentava un nuovo problema: in ospedale non mi avrebbero mai permesso di tenere la placenta attaccata alla neonata… o forse no? Individuato l’ospedale di Poggibonsi come probabile luogo per dare i natali a mia figlia, mi recai presso il reparto di ostetricia insieme al mio piano del parto, per chiederne l’accettazione e il rispetto in tutti i suoi punti, compresa la pratica del Lotus Birth. Inizialmente questa mia richiesta creò un certo scompiglio in quanto, poche settimane prima, un’altra richiesta di Lotus si era conclusa sfavorevolmente con il taglio del cordone in 3a giornata, per volere del sopraggiunto neonatologo di turno. Superata l’iniziale riluttanza, lo scopo era stato raggiunto: partorire con la pratica del Lotus senza interferenze di sorta. Finalmente alla 40a settimana di gestazione iniziano a presentarsi le doglie, da prima distanziate e poi sempre più ravvicinate. Raggiunto l’ospedale ci accasiamo in una delle due stanze alternative, ovvero un appartamento con tanto di letto matrimoniale, angolo cottura, bagno e un’altra ampia stanza con un’enorme vasca capace di contenere comodamente le partorienti per il travaglio in acqua. Oltre alla vasca ci sono a disposizione le liane, lo sgabello olandese, dei grandi cuscini a terra per accovacciarsi e barre alle pareti, il tutto per consentire di vivere un “travaglio e parto attivo”, evitando così i vari disagi che una posizione litotomica comporta. Senza perdermi d’animo mi misi alla ricerca di un’ostetrica che venisse ad assistermi a casa, ma fu un’inutile perdita di tempo: non ne trovai alcuna che si prendesse la responsabilità di assistere una gestante alla 38a settimana di gravidanza.

Dunque, una stanza perfetta. Da subito pratico il respiro consapevole, prendo qualche goccia di fiori di Bach, un bicchiere di champagne, come Michel Odent consiglia per lasciarsi andare all’evento, metto il cd “Maternity”, che per nove mesi mi ha aiutata a rilassarmi, e ipotizzo un tempo entro il quale partorirò. Dopo neanche un’ora che sono lì mi si rompono le acque: purtroppo il mio non è liquido, ma meconio… “c’è sofferenza fetale”, mi viene detto! Già, e per questo unico motivo non potrei più stare nella stanza alternativa, che è riservata solo alle donne che partoriscono in modo fisiologico e a tamburo battente. Nel frattempo l’ostetrica, preoccupata per l’eventuale sofferenza fetale, va e viene dal mio appartamento per andare ad assistere altre gestanti e facendo partorire tre donne. Inoltre, sono una “primipara attempata” perché ho 43 anni, dunque, per la ginecologa, questi sono due validi motivi per non essere lì, ma nella sala operatoria per un cesareo. Fortunatamente la mia ostetrica, che ha assicurato la sua presenza fino alla nascita della bambina, facendo un doppio turno e rischiando di farne tre, prende a cuore il mio sacrosanto diritto e desiderio di partorire in modo naturale, battendosi per me con le due ginecologhe che si susseguono ai turni. Sì… perché il mio travaglio dura oramai da un bel po’… sono già passate sei ore, sebbene dopo solo due ho raggiunto la dilatazione completa, suscitando lo stupore dell’ostetrica e delle ginecologhe. “Ebbene il Rebirthing funziona”, penso, “e con il perineo dilatato, ora Marta può nascere”; ma lei non ne vuole sapere di uscire, non si è canalizzata, è molto alta, mi arriva quasi in gola… che fare?! Aspetto che si decida a scendere e cerco di tranquillizzarla con frasi rassicuranti, nonostante io mi senta abbastanza scossa dalle minacce di cesareo che subisco ad ogni ora. Finalmente la ginecologa “alternativa”, una delle due di turno, attraverso un gesto sapiente, solitamente considerato invasivo, riesce a toccare la testa di Marta, spingendola verso l’alto e permettendole di canalizzarsi perfettamente nella ridiscesa: inizia così il suo passaggio attraverso il canale dell’utero. Dopo due ore finalmente Marta nasce.

Partorisco sullo sgabello olandese con mio marito alle spalle che mi sostiene e una ostetrica impegnata a tenermi aperta una gamba e la “ginecologa alternativa” l’altra. Di fronte a me un’altra ostetrica accovacciata a terra che accoglie mia figlia consegnandomela immediatamente, affinché non provi neanche per un attimo la sensazione di abbandono. È provata dalle fatiche di nascita ma non piange, le propongo immediatamente il mio seno ma passerà qualche ora prima che si attacchi. Intanto, durante la visita a me riservata, rifiuto i punti al perineo, poiché riporto una lacerazione di primo grado risolvibile mantenendo le gambe chiuse (Michel Odant). Marta fa la prima visita con me e la sua placenta e non permetto che le sia fatta nessuna pratica invasiva, oltre al mancato taglio del cordone, poiché il suo punteggio Apgar nei primi 5 minuti di vita è pari a 10. Il test Apgar valuta il colorito, il battito cardiaco, l’eccitabilità dei riflessi, il tono muscolare e la respirazione: dunque la bambina gode di buona salute e questo è ciò che a me interessa sapere, non che rientri o meno nelle statistiche. Abbiamo passato la notte tutti e tre nel lettone dell’ospedale e il giorno dopo ho firmato le dimissioni precoci per rientrare a casa con la nostra bambina… attaccata alla sua placenta. Riporto a casa anche i numeri di telefono dei giornalisti delle più importanti testate giornalistiche della Toscana… grazie a Dio non sono serviti! Sarebbe scoppiato uno scandalo se solo qualcuno avesse osato interferire sulla nostra decisione di praticare il Lotus Birth, soprattutto se si considera che non esiste nessuna, e sottolineo nessuna, regolamentazione che lo vieti, almeno per ora.

Buon Lotus Birth a tutti.